Pillole di Cardionefrologia (20 Maggio 2019)
Summary:
- Impiego Degli Inibitori Del Recettore Per I Mineralcorticoidi (Mras) In Pazienti Affetti Da Malattia Policistica Autosomica Dominante (Adpkd): Effetti A Livello Di Apparato Vascolare
- Presenza Di Trombo In Auricola Sinistra In Paziente In Trattamento Emodialitico: Caso Clinico
- Presenza Di Placche A Livello Dell’albero Carotideo E Progressione Della Malattia Renale In Pazienti Affetti Da Diabete Mellito Di Tipo 2
- Impatto Clinico Di Elevati Livelli Plasmatici Di Acido Urico Sulle Procedure Di Rivascolarizzazione Renale In Pazienti Affetti Da Malattia Nefrovascolare
Fonte: Am J Kidney Dis. 2019 Feb 22. pii: S0272-6386(19)30079-4. doi: 10.1053/j.ajkd.2018.12.037.
La presenza di alterazioni a livello di albero vascolare, dovute ad alterazioni della funzione endoteliale ed ad un incremento della rigidità (stiffness) delle pareti arteriose, rappresentano un quadro precoce nei pazienti affetti da ADPKD; tali alterazioni, inoltre, si configurano come importanti predittori di eventi cardiovascolari e mortalità per cause cardiache. Un eccesso della produzione di aldosterone è stato considerato come fattore fisiopatologico nello sviluppo sia della disfunzione endoteliale che dell’aumentata stiffness arteriosa, elementi in grado di favorire un peggioramento dello stress ossidativo e del quadro infiammatorio cronico. Nowak K e coll hanno ipotizzato, in un recente studio pubblicato su American Journal of Kidney Disease, che l’impiego di antagonisti dell’aldosterone possa giovare alla riduzione della disfunzione vascolare nei pazienti affetti da ADPKD in stadio precoce.
Lo studio (un trial prospettico, randomizzato, controllato in doppio cieco) ha arruolato 61 pazienti di età compresa tra 20 e 55 anni affetti da ADPKD, eGFR ≥ 60 mL/min/1.73 m2 in trattamento con farmaci inibitori del sistema renina – angiotensina – aldosterone. Ai pazienti è stato quindi somministrato Spironolactone (dosaggio massimo pari a 50 mg/die) ovvero placebo per un periodo di 24 settimane.
L’endpoint primario era rappresentato dalle modifiche in termini di dilatazione arteriosa brachiale flusso – mediata (FMDBA), mentre quello secondario era rappresentato dalle modificazioni della velocità di polso tra arteria carotide ed arteria femorale (CFPWV).
Dei pazienti arruolati, 60 hanno portato a termine il trial. Il trattamento con MRA non ha comportato modificazioni a livello di FMDBA e di CFPWV, mentre il trattamento con MRA ha comportato una riduzione della pressione arteriosa sistolica a livello dell’arteria brachiale.
La terapia con spironolactone, inoltre non ha inciso sui livelli dei principali marcatori di disfunzione endoteliale, stress ossidativo ed infiammazione. In definitiva, quindi, la terapia con MRA, pur comportando una riduzione dei livelli di pressione arteriosa sistolica, non impatta sulle alterazioni vascolari tipiche dei pazienti affetti da ADPKD
Fonte: Anatol J Cardiol. 2019 Mar;21(3):174-175.
Nell’articolo viene descritto il caso clinico di una paziente di 62 anni in trattamento emodialitico che viene ricoverato per episodio di fibrillazione atriale parossistica. Sulla base di un CHADS2- VASc score di 4 (ipertensione arteriosa, diabete mellito, insufficienza cardiaca, sesso femminile) viene iniziata terapia con amiodarone per il controllo della frequenza cardiaca e warfarin quale trattamento anticoagulante. L’ecocardiogramma trans esofageo (TTE) evidenziava una dilatazione atriale sinistra con una ridotta frazione d’eiezione del ventricolo sinistro (25%), mentre l’ecocardiogramma trans – esofageo (TEE) permetteva di documentare la presenza di un trombo a livello dell’auricola dell’atrio sinistro, motivo per il quale veniva posto un intervallo terapeutico di INR compreso tra 2 e 2.5. Nei mesi successivi la paziente presentò un episodio sincopale con una diagnosi di sindrome tachicardia – bradicardia mentre, a distanza di due anni, permaneva la presenza di trombo in auricola sinistra. A questo punto venne la terapia anticoagulante veniva modificata con la sospensione del warfarin e l’inizio del trattamento con Apixaban (2.5 mg x 2/die per il primo mese e poi 5 mg x 2/die). Dopo 4 mesi, il TEE documentava la completa risoluzione del trombo, motivo per i quale la paziente veniva anche sottoposta alla procedura di cardioversione per la sindrome tachicardia/bradicardia. Dopo un periodo di follow – up di 26 mesi, non sono stati documenti effetti collaterali dovuti alla terapia con DOAC.
Questo descritto è il primo caso di risoluzione di un trombo con DOAC in un paziente in trattamento emodialitico; naturalmente saranno necessari dei trials clinici ad hoc per un eventuale impiego routinario dell’inibitore del fattore Xa nei pazienti con malattia renale cronica terminale.
Fonte: Diabetes Metab J. 2019 Mar 12. doi: 10.4093/dmj.2018.0186
Evidenze recenti indicano che una riduzione rapida e precoce della funzione renale si associa con lo sviluppo e la progressione della nefropatia diabetica. Nello studio viene esaminata la potenziale associazione tra aterosclerosi carotidea e declino della funzione renale in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 con funzione renale preservata.
Lo studio di coorte, prospettico e multicentrico, ha arruolato 967 pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 con funzione renale conservata che sono stati seguiti per 6 mesi con misurazioni seriate del valore di eGFR. Lo spessore medio – intimale carotideo (CIMT) e l’eventuale presenza di placche carotidee venivano, inoltre, valutati al tempo zero. Per deterioramento rapido della funzione renale, si intendeva una caduta del valore di eGFR > 3.3% per anno.
Nel periodo di follow – up di 6 mesi, il 16.3% dei pazienti è andato incontro ad un rapido deterioramento della funzione renale; sebbene non vi fossero differenze in termini di CIMT, la presenza di placche carotidee era decisamente più elevata nei pazienti cosiddetti “rapid decliners” rispetto agli altri (23.2% vs 12.2%). All’analisi di regressione logistica multivariata, la presenza di una placca carotidea si configurava come un fattore di rischio indipendente per il rapido declino dell’eGFR.
Fonte: Int J Hypertens. 2019 Jan 30;2019:3872065. doi: 10.1155/2019/3872065
Le procedure di angioplastica a livello dell’arteria renale (PTRA) comportano un miglioramento dei livelli della pressione arteriosa e della funzione renale in pazienti affetti da malattia aterosclerotica renovascolare (ARVD). A sua volta, la presenza di iperuricemia si associa ad un rischio elevato di ipertensione arteriosa e malattia renale cronica ma non è chiaro il suo ruolo nel caso di una condizione di ipertensione nefrovascolare
Nello studio retrospettivo, osservazionale, sono stati arruolati 94 pazienti con ARVD e funzione sistolica cardiaca conservata trattati con PTRA.
In confronto ai pazienti con livelli normali di uricemia al basale ≤ 5.7 mg/dl, quelli con livelli di urato ≥8.7 mg/dl si presentavano con livelli di eGFR più bassi al tempo zero e, contemporaneamente, facevano un più ampio uso di farmaci anti – ipertensivi e duretici presentando anche valori aumentati di pressione arteriosa e di massa ventricolare sinistra.
Una volta effettuata la procedura di pTRA, i pazienti con livelli molto elevati di urato al basale presentavano un più evidente decremento dei valori di eGFR ma nessuna modificazione in termini di pressione arteriosa sistolica.
In definitiva, quindi, livelli plasmatici elevati di uricemia in pazienti con ARVD possono avere un impatto negativo sugli outcomes clinici della procedura di rivascolarizzazione renale